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LE CRONACHE DEL MAGAZZINO – 4° Volume (Accoppiamento)

fuck shoesC’è sempre, un gioiello, un monile o una foto che viene tramandata per generazioni. Più comunemente è l’anello appartenuto alla tris nonna che viene ereditato dalle femmine, il dente d’oro della prozia usato come ciondolo o la catenella senza consistenza, ma con un alto valore affettivo.
La mia famiglia mi ha tramandato l’importanza del ricordo, associato ahimè ad un oggetto. Da accumulo, si trasforma in collezione e da collezione diventa solo sinonimo di malinconia.
Quest’estate mia madre mi ha fatto ribaltare casa sua. Ho imbiancato per la prima volta 120 metri quadri di appartamento, quasi come un imbianchino provetto, con un buon risultato che in tempi di crisi, una dote così meglio tenersela nel cassetto.
Ho stuccato i buchi lasciati dai miei cani, quasi a cancellarne le loro tracce. Ho buttato peluche talmente vecchi che persino le tarme si erano trasferite in altri ambienti.
E un giorno ho trovato delle chiavi.

“Ma’ questo portachiavi di Enrico Coveri posso buttarlo”
“Ma è di marca”
“Ma se lo regalavano negli anni ottanta nel Dash”
“E’ vintage”
“No! Fa schifo!”
“Non devi buttarle, sono le chiavi del mio ex negozio”
“Ma non esiste più!”

Niente, non sono riuscito a fargliele eliminare. Per un attimo mi è venuto in mente quando tutti i sabati, dopo essere andato in piazza a fare il tamarro con le ragazzine, verso le 6 andavo in negozio da lei. Ad aspettare che finisse di lavorare.
Mia madre e mio zio avevano insieme un grandissimo salone di bellezza. Talmente accogliente e non convenzionale che i clienti passavano anche solo per un saluto, quasi fosse un rituale. A me piaceva perché era in centro, perché si rideva e perché si respirava quell’aria di famiglia.
Negli anni dei miei studi Universitari il salone era già solo un ricordo e io per non pesare troppo sull’economia dei miei genitori ho cercato un lavoro.
Doveva essere qualcosa di leggero, part time e ben remunerato. Scartando il volantinaggio, il dog sitter,  i call center e lo spazzino, mi rimanevano solo i negozi.
Ma quale? Ho provato in uno di animali, dove mi divertivo un sacco. In un negozio prestigioso di arredamento giapponese, dove mi divertivo meno e infine un giorno una mia amica mi disse:
“Guarda che cercano in quello di scarpe da ginnastica…te lo ricordi?”
E come dimenticarsi di uno degli storici negozi della mia città, che per 40 anni ha vestito mezzo Altomilanese, nonostante la concorrenza spietata.
Il mio colloquio è durato 30 secondi. E bastato un sorriso e il fatto che fossi un giovinastro di primo pelo! Assunto.
Non è facile essere a contatto con il pubblico. Le categorie più esposte sono le infermiere, che si spaccano il culo e devono sempre cercare una soluzione ad ogni evenienza. Gli impiegati delle poste che raramente sono gentili, ma solo perché noi non lo siamo con loro, i baristi, le cassiere e infine i commessi.
Tutti bistrattano queste persone perché credono sempre che dall’altra parte ci sia qualcuno che ti prende per il culo. In parte è vero, ma la cosa che ho provato a fare il primo giorno di lavoro è stato quello di essere sempre sincero con il cliente.
Con fatica.
Il negozio dove ho lavorato era enorme.
Tre piani divisi in calzature sportive per giovani amanti del fitness e del fashion, abbigliamento “così così” ed evergreen e infine ogni accessorio legato a qualsiasi disciplina olimpica.
Mi sono bastati tre giorni per imparare dov’erano le corde per le racchette da tennis, le cuffie per nuotare e le palline di Natale.
Su per giù saremmo stati 12, tra chi andava e veniva.
Io ero fortunato perché stavo al primo piano e potevo vedere il sole e la strada. Quelle che stavano ai piani bassi negli anni hanno patito come gli svedesi la mancanza di luce naturale, trasformandosi a volte in vampiri o depresse croniche.
Credo che il Portinaio siano nato un po’ fra quegli scaffali. Per anni ho preso appunti mentre servivo clienti bislacchi.
Scrivevo tutte le loro gaffe, le situazioni più bizzarre, le richieste più stupide e gli strafalcioni delle mie colleghe, senza sapere che quei bigliettini un giorno mi sarebbero serviti.
Ora sono tutti qui sul tavolo di fianco al mio computer e credetemi non so da dove iniziare.

biglietti
Benvenuti nelle Cronache del Magazzino, dove ho imparato un po’ a vivere!

Continua…

Il Portinaio

“Scusi gentile ragazzo avete scarpe per impalare?”
“Chi?”
“La montagna!”
“Ho queste…”
“Ma sono con il tacco!”
“Può impalare suo marito!”

2 commenti

  • Dan (Quello che chiude la Portineria)

    insomma il Portinaio è nato tra il Giappone e un negozio di scarpe.

    P.s.: la Toscana è passata al digitale terrestre. Così pure io potrò usuffruire dei preziosi consigli di enzo miccio e carla gozzi (preziosi un cavolo!)

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