Amico è,  Portineria,  We are Family

TUTTI GIU’ PER TERRA

brock davis birds

A casa mia se non si parla di morte, metastasi e virus intestinali vuol dire che è successo veramente qualcosa di grave.
Per esorcizzare le malattie bisogna riconoscerle come compagne di gioco, combatterle e scherzarci un po’.
Però da noi si esagera.

“Figlio mio oggi devo andare a comprare delle parrucche con la mia amica”
“Sei diventata una vecchia Cosplayer?”
“No! La mia amica è pelata”
“Di che colore le comprate?”
“Bianca e nera”
“Bella! Come Crudelia De Mon?”

Poi iniziamo a ridere immaginandoci i morti con i capelli colorati. Ci prende la perfidia alle spalle e scambiamo la protesi della gamba di mio padre con uno zampone e gli buchiamo le ruote della carrozzina.
Merda! Come siamo cattivi.
Ma è un attimo che torniamo carini e gentili, basta ricordare i Natali passati, quando tutti i parenti erano vivi e sembravamo ancora la famiglia cuore. Giocavamo a tombola, scala 40 e qualcuno vomitava perchè aveva mangiato troppo, dando la colpa alla cucina della zia!
Poi mia mamma si commuove e inizia la pantomima:

“Ti ricordi figlio mio quando eri piccolo e andavi all’asilo? Quando facevi la recita vestito da angioletto con i tuoi compagni?”
“Oh sì cara mammima…ricordo…ero felice insieme ai miei amichetti”
“Sembravate scesi dal cielo per illuminare i nostri sorrisi con la candelina rossa”
“Oh sì cara mammina…ricordo che Alessandro prese fuoco”

Poi mia mamma si commuove e inizia la seconda pantomima.

Alessandro viveva vicino a casa di mia nonna. Abbiamo fatto la scuola materna insieme. Lui sembrava veramente un angioletto: biondo, bianco e mezzo cieco. Aveva una benda sugli occhiali e io non capivo il perchè. Lo chiamavo “Pirata”.
Io invece ero uno scugnizzo con un sacco di Playmobil. Li facevamo nuotare nelle pozzanghere, poi passavano le auto e li rompevano. Andavo da mia madre pregando che me ne comprasse altri e lei mi bestemmiava dietro perchè non avevo cura dei miei giocattoli.
Allora con Alessandro per sopperire alla mancanza dei giochi abbiamo iniziato a fare scherzi al vicinato.
Andavamo in cerca di gatti e cani randagi e li buttavamo nei giardini delle ville sperando li adottassero. Rubavamo sottovasi dai balconi e poi mandavamo lettere anonime con la richiesta di riscatto, ma nessuno ci rispondeva.
Una volta avevamo litigato con “Il Fausto”, il figlio della benzinaia, che era quello antipatico.
Gli avevamo scritto sul muro di casa parolacce con evidenti errori ortografici. Firmandoci!
Dei pirla!
Fausto non ci parlò più e mio padre mi fece un culo grosso come una casa. Alessandro fu privato del sonno per quindici giorni. Io dovetti lavare i pavimenti di casa per sei mesi.
Poi ci picchiarono con il “nerbo” e ci fecero mangiare dalle ciotole del cane. Sto esagerando lo so! Mi piace essere teatrale.
Ogni tanto si aggregava mio cugino, quando si ricordava che esisteva la nonna.
Ci temevano tutti nel quartiere.
Poi un giorno Alessandro non si è più presentato.
Fu veramente una tragedia quella. Mia madre non mi fece uscire di casa per quindici giorni. Pensava che sarebbe capitato qualcosa anche me.
Mi obbligarono pure a vederlo all’obitorio.
Me lo ricordo.
Mia nonna, mia zia e mia madre che facevano a gara a chi piangeva di più. Povere stronze!
Quello non era lui.
Ero arrabbiato perché gli avevo prestato l’album delle figurine e sapevo che non l’avrei più rivisto.
Mi sarebbe toccato giocare con Andrea, che era noioso,  e le amiche di sua sorella, che pensavano solo a nutrire i Cicciobello con seni finti.
Al suo funerale mi sono seduto in prima fila con mio cugino.
La squadra di calcio dove giocava Alessandro andò sull’altare per cantare una canzone.
Erano stonati come delle capre tibetane.
Il capitano della squadra infine per commuovere tutta la platea lesse una lettera al microfono, piena di errori.
A un certo punto stava per fare cadere l’asta del microfono,  ma con il piede schiacciò la base e fece risalire l’asta contro di sé, il microfono sbatté contro i suoi denti, lui si mise la mano davanti alla bocca e iniziò a sanguinare. Il parroco corse in suo soccorso, ma per la fretta inciampò nella veste talare e cadde dalle scale portandosi dietro un difensore, il portiere e un mediano.
Io e mio cugino abbiamo iniziato a ridere fortissimo.
Mia madre e mia zia ci guardavano in cagnesco dall’altra parte della navata. Si mettevano la mano fra i denti e ci minacciavano con l’altra. Credo sia stata la prima volta che ho sentito una bestemmia in chiesa.
Io e Alessandro facevamo un sacco di scherzi alle vicine, quello sarebbe stato l’ultimo e gli era uscito benissimo.

Il Portinaio

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