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TUTE COLORATE, NOCCIOLINE E GELATI

Quando eravamo piccoli io e i miei cugini facevamo un sacco di sport a seconda del cartone animato che andava di onda.
Siamo stati attaccanti di calcio al campetto dietro casa della nonna, per colpa di Holly & Benji.
Tennisti con racchette di fortuna ai giardini pubblici, aspettando Madama Butterfly.
Infine golfisti senza buche e mattarelli trasformati in Ferro3.
Abbiamo rotto un vetro di una casa, ci siamo sbucciati le ginocchia e litigato per centinaia di fuorigioco.
Mio cugino Gianluca ero più veloce di Mennea, io saltavo più in alto di Zorzi e l’altro tirava su zolle di terra ogni volta che calciava un pallone. D’altronde aveva il 45 a 11 anni. Il signore che arava il campo di pannocchie voleva assumerlo, ma mia zia ha preferito che studiasse giurisprudenza, con scarso successo.
Ho allenato le mie mani in porta parando palloni di cuoio che hanno rafforzato le dita. Così invece di mandarmi al porto a scaricare le casse di frutta mi hanno iscritto in una squadra di pallavolo.


Però ero piccolo, piccolissimo.
Mentre i miei primi compagni di gioco si allenavano realmente, io palleggiavo contro il muro, misurando la mia altezza ogni giorno che passava.
Poi sono cresciuto un pochino.
Alle medie abbiamo vinto il torneo della scuola e poi quello dei giochi della gioventù.
Il mio secondo allenatore mi triplicava la preparazione atletica, poi siccome beveva un po’ troppo, l’hanno lasciato a casa.
Peccato perchè era capace di vincere un set da solo, gli bastava la sua “fiata” Brancamenta. Fresca e agghiacciante, come la goccia di ciclone.
Una volta ci ho provato anche io.
Mia madre mi vietava di mangiare prima delle partite, ma quel giorno aveva cucinato le zucchine fritte (cosa assai rara il fritto in casa mia) e non ho resistito.
In campo sentivo muoversi venti puzzolenti nell’intestino.
Battuta, Stefano riceve, Cristian alza…io carico e schiaccio tiro una renza fortissima, che l’arbitro mi fa i complimenti per l’elevazione. Mezza panchina ride e l’altra muore.
Sembrava ci fossero carcasse di cinghiali in campo.
Però ho fatto punto e anche lasciato la firma sulla mutanda.

Una volta invece in una partitella mista, ovvero formata da maschi e femmine, una ragazza della squadra avversaria è diventata verde e ha vomitato in campo.
Abbiamo dovuto evaquare la palestra.
Sembrava di stare nel cesso di una discoteca punk! Non mi sembrava molto intelligente visto che si era mangiata un chilo di gelato.
Abbiamo vinto a tavolino, perchè non avevano nessuno per sostituirla.
Io sono un po’ restio a giocare con le femmine. Annovero vittime della mia furia che ancora mi cercano per chiedermi i danni.
C’è quella che ha dovuto mettere il collarino, perchè mentre schiacciavo si guardava il lavoro dell’estetista e…colpo di frusta.
Quella che ha osato fermarmi a muro e le si sono piegate due falangi.
Quella a cui ho rotto il labbro.
Quella che ora la chiamano Pippo Franco.
Sono migrato in tutte le squadre dell’Altomilanese, cercando di portare un po’ di sano divertimento. Sì perchè anche in campo ero un po’ chiacchierino, talmente chiacchierino che una volta l’arbitro mi ha detto di smetterla.
Dico, uno non può raccontare cos’era successo a Beverly Hills 90210 alla povera compagna di squadra senza la tv?
Mi ricordo che durante una partita ormai compromessa dai favoritismi dell’arbitro, sono stato autorizzato dall’allenatore a schiacciare e dirigere tutta la mia potenza sulla faccia del “cornuto venduto”.
Gli ho chiesto scusa con la mia aria da ruffiano, anche se il campionato era ormai fottuto.
I miei cugini non riuscirono ad andare oltre al torneo dell’oratorio, mentre io mi portai a casa anche una finale alle regionali.
Ero titolare, come lo era Shiro, ma non ho mai puntato alle Olimpiadi ne tanto meno a diventare il più bravo.
A me piaceva e piace ancora il gioco di squadra.
Qualche giorno fa ho ricevuto una telefonata. Uno dei miei tanti compagni ha deciso di fare una reunion, ma non patetiche come quelle delle medie dove c’è la gara a chi è arrivato più in alto, ma una una specie di ri-partenza. Perchè noi 20 anni fa eravamo i campioni dei tornei estivi del varesotto, ci temevano e odiavano tutti.
Io ero il più giovane, sia il secolo scorso che adesso.
Ho passato la serata di fianco al fratello di mia zia, che non ricordavo avesse un timbro vocale così alto e neanche che avesse avuto due Porsche. Ci teneva tanto a farcelo sapere.
Dall’altra parte del tavolo invece c’era la gara a chi aveva il cellulare di ultima generazione.
Ho ascoltato le loro storie che non si sono più incrociate con la mia.
Fra di loro c’è chi è sopravvissuto a gradi di dolore altissimi, chi si è perso nei labirinti della propria mente e chi non mi ha più riconosciuto per strada.
A casa sono andato a riaprire un vecchio diario, perchè nella scatola della memoria sapevo che avrei trovato un oggetto legato a questo post.
22 anni fa mia zia mi regalò per la Befana un paio di ginocchiere. Sul biglietto c’era scritto “Così diventerai come Mimì”.
Io ci rimasi un po’ male.

“Zia Mimì è una femmina”
“Ma intendevo il pizzaiolo sotto casa”
“Ma voi dite sempre che è un avvelenatore”

Ci rimase male anche lei.
Ora gioco in una squadra dove ho saputo solo dopo essermi iscritto che si è obbligati a battere dal basso, come le bambine dell’asilo. Ma mi diverto, perchè parafrasando una sigla famosa “gioco per giocare senza vincere niente”, ma soprattutto di avversari da battere non ne ho più.
Non mi sono mai dopato, non ho portato catene ai polsi o imitato i gemelli Derrick. Giocare per me è solo una “questione di felicità”.
E per i miei compagni che mi hanno sempre considerato la loro mascotte…tranquilli spingerò io la carrozzina quando ne avrete bisogno! 😛

Il Portinaio

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