polpo
Portineria

TORNIAMO A FINE AGOSTO (PROMETTO)

Che brutta cosa la pigrizia, che brutto invecchiare e anche doversi procacciare del cibo.
Mesi a dire: “Domani scrivo”. Poi la sera complici Netflix e il divano la promessa svanisce davanti a una serie tv.
Io non ne guardo tante, giusto due o tre, spesso mi addormento e durante la fase R.E.M. i miei sogni si confondono con i dialoghi del telefilm.
In questi mesi ho fatto un sacco di cose, traslocato, creato un nuovo business, trovato un nuovo lavoro e perso quello vecchio. Ho conosciuto tante persone, ho scoperto nuovi pettegolezzi in famiglia e cercato una strada alternativa.
Ecco.
Lo prometto sul catalogo dell’Ikea, a fine Agosto (torno il 19 dalle vacanze) il blog riprenderà vita.
Nel frattempo seguitemi su Instagram (QUI) e Tumblr. (QUA) e continuate a scrivermi, vi aiuterò con i vostri problemi famigliari e di convivenza condominiale.
Vi lascio con una lettera di Seneca (grazie al mio amico Lorenzo per averla condivisa con noi mortali)
Buone vacanze e non fate il bagno dopo aver mangiato! 😛

Il Portinaio

Pensi che sia capitato solo a te e ti stupisci come di un fatto inaudito, perché, pur avendo viaggiato a lungo e in tanti posti diversi, non ti sei scrollato di dosso la tua tristezza e il tuo malessere spirituale?
Devi cambiare animo, non cielo.
Attraversa pure il mare, lascia, come dice il nostro Virgilio, che Scompaiano terre e città all’orizzonte, i tuoi vizi ti seguiranno dovunque andrai.
Socrate, a un tale che si lagnava per la stessa ragione, disse: “Perché ti stupisci se viaggiare non ti serve? Porti in giro te stesso. Ti perseguitano i medesimi motivi che ti hanno fatto fuggire”.
A che possono giovare nuove terre? A che la conoscenza di città e posti diversi?
Tutto questo agitarsi è vano. Chiedi perché questa fuga non ti sia di aiuto? Tu fuggi con te stesso.
Deponi il peso dell’anima: prima di allora non ti andrà a genio nessun luogo.
Pensa che la tua condizione è simile a quella che il nostro Virgilio rappresenta nella profetessa esaltata, spronata e invasata da uno spirito non suo: La profetessa si dimena tentando di scacciare il dio dalla sua anima.
Vai di qua e di là per scuoterti di dosso il peso che ti opprime e che diventa più gravoso proprio per questa tua agitazione; così in una nave il carico stabile grava di meno, mentre, se è sballottato qua e là in maniera diseguale, fa affondare il fianco su cui pesa.
Qualunque cosa fai, si risolve in un danno per te e gli stessi continui spostamenti ti nuocciono: tu muovi un ammalato.
Ma quando avrai rimosso questo male, ogni cambiamento di sede diventerà piacevole.
Anche se verrai esiliato in terre lontanissime o sarai trasferito in un qualsiasi paese barbaro, quel posto, comunque sia, ti sembrerà ospitale.
Conta più lo stato d’animo che il luogo dove arrivi, perciò l’animo non va reso schiavo di nessun posto. Bisogna vivere con questa convinzione: non sono nato per un solo cantuccio, la mia patria è il mondo intero.
Se ti fosse chiaro questo concetto, non ti stupiresti che non ti serva a niente cambiare continuamente regione, perché sei stanco delle precedenti; ti sarebbe piaciuta già la prima, se le considerassi tutte come tue. Ora non viaggi, vai errando e ti lasci condurre e ti sposti da un luogo a un altro, mentre quello che cerchi, vivere serenamente, si trova dovunque.
C’è forse un posto più turbolento del foro? Anche qui, se è necessario, si può vivere tranquilli. Ma se potessimo decidere di noi stessi, fuggirei lontano anche dalla vista e dalla vicinanza del foro; come i luoghi insalubri minano anche una salute di ferro, così per uno spirito sano, ma non ancora perfetto e vigoroso, ci sono posti malsani.
Non sono d’accordo con quelli che si spingono in mezzo alle onde e prediligono una vita agitata e lottano ogni giorno animosamente con mille difficoltà.
Il saggio dovrà sopportarle, non andarsele a cercare, e preferire la tranquillità alla lotta; non giova a molto essersi liberati dai propri vizi per poi combattere con quelli degli altri.
“Trenta tiranni,” ribatti, “fecero pressione su Socrate, ma non poterono fiaccarne lo spirito.” Che importa quanti siano i padroni? La schiavitù è una sola; se uno la disprezza, per quanti padroni abbia, è libero.
È tempo di finire, purché prima io paghi il pedaggio. “Aver coscienza delle proprie colpe è il primo passo verso la salvezza.”
A me pare che Epicuro abbia espresso un concetto molto giusto: se uno non sa di sbagliare, non vuole correggersi; devi coglierti in fallo, prima di correggerti.
Certi si gloriano dei propri vizi: e tu pensi che cerchi un rimedio chi considera virtù i suoi vizi?
Perciò per quanto puoi, accùsati, fa’ un esame di coscienza; assumi prima il ruolo di accusatore, poi di giudice, da ultimo quello di intercessore; e talvolta punisciti.

Stammi bene.

Seneca.

Lettere a Lucilio, Libro III, Lettera 28

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