E' successo ora,  Italians do it better,  Portineria,  Ruba i giocattoli,  We are Family

PLEASE, SAVE MY HEARTH

ultramanIl 23 novembre 1980 stavo giocando a casa di mia nonna.
Il mio divertimento preferito era costruirmi robot di carta e farli combattere fra loro.
Mia mamma di solito chiudeva il negozio verso le 19:30. Mio padre spesso andava a prenderla. Insieme chiudevano la cassa e poi, se il giornalaio era ancora aperto, mi compravano due o tre pacchetti di figurine dei calciatori.
Non ricordo bene l’attimo, ma ricordo bene dov’ero: nel salone di mia nonna, inginocchiato a terra, pronto a sferrare il mio attacco supremo sul robot nemico numero 5 (perchè così li chiamavo).
Sentivo di là mio padre che parlava al telefono a voce alta.
Il nonno, la nonna, le mie zie e tutti i miei cugini di Avellino erano rifugiati nello stadio.
Alle ore 19:34 una scossa di magnitudo 6.9 della scala Richter aveva investito la zona della Campania centrale, l’Irpinia.
Mio padre non perse tempo. Richiamato dalla sua terra partì quella notte stessa, insieme al nostro vicino di casa, con un camion pieno di viveri e le tasche piene di soldi.
Un viaggio senza soste, dal nord al sud dell’Italia, spinto dalla paura di avere perso tutto in una manciata di secondi.
Arrivato allo stadio di Avellino cercò i suoi parenti per ore.
Ma mio padre oltre che alla la sua famiglia, era lì per portare aiuto all’intera comunità.
Distribuiva viveri a tutti, regalava i vestiti miei e di mia madre con i quali aveva riempito tutte le valigie che aveva potuto, cercava di fare tutto quello che poteva per dare una mano, perchè la macchina degli aiuti ufficiali faticava a partire.
A casa, al nord, ci tornò portando tutti i famigliari.
Gli zii e mia cugina dormivano da me, gli altri erano sparpagliati dai fratelli di mia madre.
Ricordo bene le cene in taverna da mio nonno materno: non capitò mai più di vedere riuniti tutti i miei parenti.
Dal bisnonno alla bis nipote, tutti sotto lo stesso tetto. Eravamo tantissimi!
E per me era come una festa enorme, dove giocare, correre e mangiare cose buonissime.
Il terremoto ci aveva riunito per una sola volta nella vita.
Ricordo che il nonno paterno una sera si avvicinò a me per restituirmi una cosa: il mio robot amico numero 5.
L’avevo consegnato a mio padre la notte della sua partenza per Avellino, perchè volevo che proteggesse tutta la città.
L’altro ieri davanti alle immagini del terremoto in Giappone, mio padre si è messo a piangere.
E io che non l’ho mai visto versare una lacrima, ho capito che il ricordo di una devastazione rimane sempre vivo dentro.
Non ho mai sentito un terremoto di tale portata, ma dentro di me scorre sangue di chi la terra la teme e la ama sempre!

Il Portinaio

4 commenti

  • tokyonome85

    Mi ritrovo nelle tue parole quando dici che il terremoto ha unito la famiglia, perchè è quello che è successo anche a me durante il terremoto di San Giuliano.
    E ho pianto anche io ieri, in mezzo alla gente alla stazione centrale. Sembravo una matta ma ti giuro che avevo un magone incredibile.
    Calcola che io non sono molto cattolica e pure sto pregando tanto che le cose migliorino perché amo il Giappone e la sua gente e vorrei tornare lì prima possibile

  • RYOGA184

    il tuo racconto ci fa riflettere su 2 aspetti fondamentali ,l’amore per il prossimo e l’amore per la propria terra! ke eroe ke è stato tuo padre! le immagini che stiamo guardando in tv in questo momento lasciano destabilizzati. ma sn sicuro che ne usciranno presto sono un GRANDE popolo e si risolleveranno presto!

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.