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L'altro Mondo,  Portineria

SAKURA DROP (#tiportoingiapponeconme)

Mi hai invitato a camminare.
L’ho fatto.
La stazione è ancora lì. Con il passaggio a livello che fa quel rumore nostalgico, la biglietteria con le piastrelle azzurre e il bar dove c’ incontravamo il pomeriggio.
Si è fermato il tempo qui. Come cinque anni fa.
Un po’ sono stato io. Prima di andarmene ho rinchiuso il quartiere in una bolla.
Ho preso quel famoso Matcha latte. Mi ostino a farmelo piacere. Ogni sorso è un ricordo.
Mi avevi detto che nei bar l’acqua è gratis. Io manco lo sapevo e giravo sempre con una bottiglietta da 100 Yen. Non mi sono mai impegnato a chiederla gassata.
La mia casa è sempre dopo il ponte, dopo l’incrocio per Yoyogi Koen.
C’è ancora il negozio di essenze e incensi. Mi chiedo come abbia fatto a resistere alla crisi. Il ragazzo che lo gestisce è ancora lì, mi sorride, ma non credo che mi abbia riconosciuto, lo fa solo per cortesia.
Le giostre per i bambini hanno resistito alle piogge e ai terremoti.
I gatti non mancano mai. Magari sono i figli di quelli che salutavamo noi. Ci avessero mai risposto! 😛
Ti ricordi quando mi venivi a prendere e tutta la mia stanza era in disordine? Stavamo tutti in piedi come sul tram, non potevamo camminare fra calze e scatole di cazzate.
Scusami, la prossima volta affitterò una casa più grande.
Chissà chi ci abita adesso? Sicuramente qualche straniero di passaggio, non c’è più nemmeno la mia vicina inglese, pare abbia preso casa altrove perché non sopportava il coinquilino.
La chiamano Tomigaya la via che ci divide.
E’ strano che qui una strada abbia un nome.

Il fruttivendolo vende ancora le fragole a 500 Yen il cestino. Solo dopo una settimana avevo scoperto che era un piccolo Minimarket a due piani.
Ho comprato un Nikuman in un Konbini. Poi ho guardato le piccole scatole dei biscotti, i soliti giapponesi sfogliare le riviste e i vasetti degli yogurt.
Ho fatto quello che mi hai chiesto.
Sono stato mezz’ora nella libreria, quella che stava aperta fino a mezzanotte. E’ ancora lì. Speravo arrivassi.
Mi ricordo che ti guardavo dalla vetrina. Accarezzavi le pagine di quadernetti bianchi e provavi a tradurre riviste di design. Perché sei andata via?
Avevi trovato il tuo posto nel mondo e sicuramente mi avresti convinto a restare. Insieme avremmo conquistato il quartiere e tempo qualche anno spodestato l’imperatore. Tu regina e io samurai.
Sai che hanno aperto un negozio di caramelle. Sembra una pizzeria, con due ragazzi che modellano lo zucchero colorato e lo trasformano in minuscole riproduzioni di frutta.
Può esistere un mestiere più bello? Plasmare la dolcezza e darle la forma che vuoi. La commessa mi ha fatto cenno di entrare e mi ha regalato due gelatine all’arancia.
I lecca lecca li fanno a forma di cuore. Banali!
E’ bello qui.
Al tramonto aprono i bar, i cani escono con i loro padroni e la gastronomia che fa le polpette viene presa d’assalto.
Il ristorantino di tempura non è cambiato di una virgola, nemmeno il tabacchino. Sono sempre lì.
C’è ancora quella ragazza che vende i cappelli fatti a mano, c’è la fila di taxy che cammina lenta verso Shibuya e nel negozio di Toys regna sempre uno strano silenzio.
Un gaijin passeggia con un samoiedo bianco. Dove può tenere un cane così grande?
L’ho seguito e mi ha portato vicino a casa tua. E’ fortunato, abita in una villetta, sicuramente avrà sposato qualche giapponese ricca e non si chiede come mai c’è un ragazzo che continua a girare per la sua zona.
La tua casa è ancora qui.
Avevi ragione. Ero a quindici minuti da te.

Il Portinaio

casa giappone

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