Videocracy

LUNGA VITA AL RE!

guanto-cristalliMilano 15 settembre 2009

Michael Jackson… avrei ancora altro da dire…
MJ nacque nell’agosto 1958, come me.
MJ crebbe in un sobborgo dell’est, come me.
MJ aveva 8 fratelli e sorelle, come me.
All’età di 6 anni divenne una superstar e forse il bambino più adorato al mondo.
All’età di 6 anni persi mia madre. Io non ebbi mai una madre ma lui non ebbe mai un’infanzia. E quando non riesci mai ad ottenere qualcosa ne vieni ossessionato.
Ho trascorso la mia infanzia alla ricerca di una figura materna, a volte riuscendoci. Ma come fai a ricrearti un’infanzia quando sei sotto la lente d’ingrandimento del successo?

Non vi è dubbio che MJ è stato uno dei più grandi talenti che il mondo abbia mai conosciuto.

Quando cantava una canzone all’età di 5 anni ti faceva sentire come se un adulto esperto ti stesse stritolando il cuore con le sue parole e il modo in cui si muoveva poi con l’eleganza di Fred Astaire parando i colpi di Muhammed Alì.
La sua musica aveva un tocco in più, d’ inspiegabile magia che non faceva venire solo voglia di ballare, ma ti faceva realmente credere di poter volare, osare di sognare, diventare tutto ciò che volevi essere.
Perché questo è ciò che fanno gli eroi e MJ era un eroe.
Si è esibito in stadi di tutto il mondo, ha venduto centinaia di migliaia di dischi, ha avuto a che fare con primi ministri e presidenti, ragazze si sono innamorate di lui, ragazzi si sono innamorati di lui, tutti volevano ballare come lui, sembrava ultraterreno ma era anche un essere umano.
Come molti artisti era timido e pieno di insicurezze.
Non posso dire che eravamo ottimi amici ma nel 1991 decisi di volerlo conoscere meglio, così lo invitai a cena.
Gli dissi, “Sei mio ospite, guiderò io, saremo solo io e te”.
Accettò l’invito e si presentò a casa mia senza alcuna guardia del corpo.
Andammo al ristorante con la mia macchina.
Era buio fuori ma lui indossava gli occhiali da sole.
Gli dissi, “Michael, mi sembra di parlare con una limousine, credi di poter togliere quegli occhiali in modo che possa vedere i tuoi occhi?”.
Stette in silenzio per un po’, buttò gli occhiali dal finestrino, mi guardò sorridendo e disse, “Riesci a vedermi adesso? Va meglio così?”.
In quel momento vidi sia la sua vulnerabilità che il suo fascino.
Per il resto della cena cercai di fargli mangiare patatine fritte, bere vino, prendere un dessert e dire parolacce. Cose che sembrava mai concedersi.
Più tardi ritornammo a casa per vedere un film, sedemmo sul divano come due bambini e ad un certo punto le sue mani si avvicinarono per prendere le mie.
Sembrava che stesse cercando più un’amica che una donna ed io fui felice di accontentarlo.
In quel momento non si sentì più come una superstar ma come un essere umano.
Uscimmo altre volte insieme, poi per qualche ragione perdemmo i contatti e fu allora che iniziò la caccia alla strega.
Ci fu un susseguirsi di storie negative sul suo conto. Avvertii il suo dolore, so cosa si prova a camminare in mezzo alla strada e sentire il mondo intero contro, so cosa si prova a sentirsi impotenti, incapaci di difendersi perché il fragore dei linciatori è così assordante da convincerti che la tua voce non potrà mai essere udita.
Io, però, ho avuto un’infanzia, mi è stato concesso di commettere errori, di trovare la mia strada nel mondo senza essere sotto i riflettori.
Quando ho saputo che Michael era morto, mi trovavo a Londra, pochi giorni prima dell’inizio del mio tour.
Michael avrebbe dovuto esibirsi nello stesso posto, una settimana più tardi. Tutto ciò a cui riuscii a pensare in quel momento fu, “L’ho abbandonato!”, che noi l’avevamo abbandonato, che avevamo permesso che questa creatura magnifica, che un tempo incendiava il mondo, in qualche modo cadesse a pezzi.
Mentre cercava di costruirsi una famiglia e rilanciare la sua carriera, noi eravamo tutti impegnati a giudicarlo. Molti di noi gli hanno voltato le spalle.
Nel tentativo disperato di aggrapparmi al suo ricordo, sono andata su internet per vedere tutti i filmati in cui ballava e cantava in TV e ho pensato, “Mio Dio, era così unico, così originale, così raro e non ci sarà mai più nessuno come lui. Era un re”.
Ma era anche un essere umano, alla fine siamo tutti degli esseri umani e a volte dobbiamo perdere le cose prima di poterle apprezzare veramente!
Voglio concludere con una nota positiva dicendo che i miei figli, di 9 e 4 anni, sono ossessionati da MJ. C’è un sacco di “crotchgrabbing” e “moonwalking” in corso a casa e sembra che un’intera nuova generazione di bambini abbia scoperto la sua genialità riportandolo di nuovo in vita.
Spero che ovunque si trovi Michael adesso, stia sorridendo a tutto questo.
Sì, MJ era un essere umano ma, dannazione, era un re!
Lunga vita al re!

Madonna New York 14 settembre 2009 (Mtv Video Music Award 09)

Gabry

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